Prima casa, residenza entro 18 mesi dal rogito

I 18 mesi che la legge concede all’acquirente della “prima casa” per trasferire la sua residenza nel Comune ove è ubicata l’abitazione oggetto di acquisto agevolato, decorrono dalla data del rogito anche se si tratta di una casa in corso di costruzione (o ristrutturazione): in altri termini, non si può pretendere di far decorrere questi diciotto mesi dal giorno di ultimazione dei lavori da parte dell’impresa venditrice. È questa la risposta fornita dal Governo nel corso del question time svoltosi presso la Camera dei deputati.

La questione si pone non infrequentemente per chi acquista una casa in corso di costruzione e stipula il relativo rogito quando l’edificio è ancora “al grezzo”: spesso i tempi di consegna non vengono rispettati, la casa non si rende perciò abitabile, l'acquirente non riesce – di conseguenza – a trasferirvi la propria residenza e quindi non riesce a mantenere la promessa, formulata nel rogito, di trasferire la propria residenza nei diciotto mesi posteriori al rogito d'acquisto.

“La questione si pone non infrequentemente per chi acquista una casa in corso di costruzione e stipula il relativo rogito quando l’edificio è ancora “al grezzo””

Questa promessa (e il suo adempimento) sono infatti richiesti dalla legge sull’agevolazione “prima casa” come condizione per l’ottenimento dello sconto fiscale (e cioè, nel caso dell’acquisto da un’impresa costruttrice, l’abbattimento dell’Iva dal 10 al 4 per cento); anzi, la violazione di questa promessa comporta non solo il recupero, con gli interessi, dell’imposta ordinariamente dovuta, ma anche l’applicazione di una pesante sanzione, pari al 30 per cento della differenza tra l’importo dell’imposta ordinaria e quello dell’imposta agevolata.

Il Governo non si presta dunque allo sforzo interpretativo invocato dai parlamentari interroganti, e cioè di leggere il termine dei diciotto mesi come decorrente dal giorno di fine lavori e non dal rogito. L’atteggiamento restrittivo viene motivato dando credito ad alcune recenti affermazioni della Cassazione: da un lato, la tesi (sentenze n. 7067/2014 e 20042/2015) per la quale non si vedrebbe ragione di differenziare la situazione di chi compri una casa già ultimata rispetto a chi compri una casa in corso di costruzione (invero, il fatto dei lavori in corso parrebbe una eccellente ragione per distinguere le due situazioni); d’altro lato, la tesi per la quale, in questo caso, non è configurabile un’ipotesi di “forza maggiore” tale da esimere il contribuente dall’obbligo di adempiere la sua promessa di trasferimento di residenza.

Infatti, se è vero che l’evento della mancata ultimazione dei lavori non è certo imputabile al contribuente malcapitato, la Cassazione (sentenza n. 14399/2013) intende la “forza maggiore” ricorrere non solo quando l’evento non sia imputabile al contribuente, ma anche quando si tratti di un evento da qualificare come “imprevedibile”: caratteristica che evidentemente non ha la fattispecie dell’acquisto di una casa in corso di costruzione.

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