Imposta dimezzata per gli affitti brevi

Imposta dimezzata per gli affitti brevi, il fisco ammette l’applicazione del 10%

Il numero dei contratti d’affitto “transitori” è in crescita, e si aggira intorno ai 120 mila.

Il Fisco ha dato l’autorizzazione per l’applicazione, agli stessi, della cedolare secca al 10%.

E fa riferimento alle locazioni, che hanno una durata da uno a 18 mesi, concluse nei capoluoghi di provincia e nelle zone metropolitane; quindi in tutti quei luoghi, dove il locatore, non è libero di applicare il canone di mercato, ma è tenuto a doversi conformare a prezzi minimi e massimi, indicati dagli accordi locali.

Il risparmio che ne deriva

L’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) delle Entrate, nel suo ultimo rapporto, ha evidenziato, che l’importo medio del canone, nei contratti brevi, applicato in Comuni ad alta intensità abitativa, è di 507 euro al mese.

Ciò significa che, su una locazione di nove mesi, l’applicazione di un’aliquota al 10%, e non quella del 21%, riduce il carico fiscale sull’affitto in maniera sensibile, da 958 a 456 euro, con un risparmio totale di 502 euro.

Tale previsione è retroattiva, quindi, chi ha pagato, con l’applicazione dell’aliquota al 21%, avrà la possibilità di presentare un dichiarazione integrativa, al fine di recuperare la differenza versata.

Vero è, che con molta probabilità, alcuni proprietari potrebbero aver sempre pagato con il 10%, dato che la Confedilizia, ha sostenuto questa tesi dal 2011, e cioè dal momento in cui è stata introdotta la cedolare.

A chi si applica l’aliquota ridotta

Nel corso dell’anno 2015, sono stati registrati 101.058, contratti di locazione ad uso abitativo, di durata inferiore a un anno per interi immobili.

A questa cifra vanno aggiunti gli affitti relativi a singole stanze (259mila, di tutte le durate), i contratti oltre un anno ma inferiori a 18 mesi (243mila quelli da uno a tre anni), oltre agli immobili che non sono stati analizzati nel rapporto dell’OMI, a causa di errori di compilazione del modello di registrazione (il 22% del totale).

Si giunge ad un totale di 207mila contratti, con una durata da uno a 18 mesi, conclusi su tutto il territorio italiano in un anno, e motivati da esigenze sia del proprietario che dell’inquilino. I contratti ai quali si applica la cedolare al 10%, sono esclusivamente quelli per i quali il proprietario non è libero di applicare il canone di mercato.

Si tratta dunque di contratti conclusi nei Comuni appartenenti alle zone metropolitane: di Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Torino, Bari, Palermo e Catania; i Comuni confinanti con queste aree, e gli altri Comuni capoluogo di provincia.

Qui, rilevano, sia l’elemento popolazione, sia la maggiore vitalità del mercato, e si arriva dunque a circa 120mila contratti.

L’ammontare del canone di locazione

La differenza, tra il canone di mercato e quello “imposto” ai contratti transitori, nasce dai singoli accordi territoriali.

I dati elaborati dall’OMI, individuano una differenza ridotta, rispetto agli affitti liberi, anche nei tre centri principali di Roma, Milano e Napoli.

E’ necessario evidenziare che, all’interno della categoria delle locazioni “temporanee”, vengono raggruppati i contratti da uno a tre anni, quindi si tratta di due insiemi parzialmente sovrapposti.

Per tale ragione, da maggiore certezza il parametro dato dai contratti a canone concordato, ai quali spesso i transitori sono agganciati, e qui il canone medio è di 485 euro contro i 516 del “libero”.

Ulteriore sconto IMU – TASI del 25%

Sempre per i contratti a canone concordato, si aggiunge anche la riduzione del 25% di IMU e TASI, prevista dalla legge di Stabilità del 2016. Misura che si applica anche ai transitori, perché la norma istitutiva richiama tutti i contratti concordati stipulati in base alla legge 431/1998.

Articolo tratto dal sito www.anama.it – 15.03.2017

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